martedì 12 maggio 2020
Apnoea (di Andrea Pagani)
Mi vedo costretto a raccontare come andarono le cose benché la gran parte di noi, certamente, farà di tutto per contraddirmi, se non addirittura per mettermi a tacere, ma la situazione ormai si è spinta a un punto tale che registrare in ordine, con la necessaria porzione di lucidità, eppure con l’insopprimibile indignazione che il caso comporta, registrare in ordine, dicevo, come si sono succeduti i fatti che hanno generato l’epidemia, la prima fase di apnea immobilismo clausura, e la seconda fase di apertura di schizofrenia di rumorosa follia, dove si annidarono le cause e i responsabili, quali siano stati i primi effetti e forse persino le segrete intenzioni, registrare tutto questo è diventata un’ineludibile urgenza, a costo di farmi nemici gli amici e diffidenti gli affetti, ma devo farlo, perché questo è il prezzo per restare fedele alla giustizia, cioè ammettere che è impossibile tornare alla normalità, perché prima non era la normalità, la natura ci ha dato un segnale, ci ha costretto a fermare la corsa del treno, a risvegliarci dal coma dell’odio, per questo il nostro tempo è andato in pezzi, ingannevole e tragico, una specie di richiamo della natura che ha reagito alla nostra malattia, una maglia rotta nella rete, un varco che ci ha mostrato i veri colpevoli, ci ha obbligati al cambiamento, ecco perché non abbiamo il coraggio di osservarla, la malattia, per quella che è, in faccia, dritto negli occhi, con la stessa onesta tragicità e il suo poderoso bagaglio di simboli, e ci costruiamo pretesti, patetici alibi, per dare una specie di provvidenziale giustificazione al cataclisma proprio quando già eravamo in rovina, un cataclisma sopra le rovine, che ci ha costretto a rivedere una nuova forma di convivenza, ad immaginare rapporti diversi, ora che siamo usciti, apparentemente liberi, a ricostruire sistemi di relazioni a distanza, piccoli centri, piccole speranze, una strada disagevole e lacunosa verso un incerto avvenire ma l’unico che possiamo sognare.
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