"Emozione, desiderio, sorrisi, ma allo stesso tempo tristezza, ricordo e riflessione... Questo è 'Non dirmi che hai paura'. Il tutto proposto dagli occhi di Samia, ragazza somala che tenta di inseguire i suoi sogni, seppure contrastati da innumerevoli ostacoli; ostacoli davanti ai quali forse ognuno di noi si sarebbe fermato e si sarebbe lasciato bloccare dalle difficoltà che il proprio Paese gli poneva davanti. Ma noi non siamo Samia.
Il suo sogno era correre, essere la più veloce di tutte. Sfruttare quel vento che sin dai primi anni Alì, il suo migliore amico ed il suo primo allenatore, le diceva di cavalcare per arrivare il più lontano possibile. La guerra non le faceva paura, non perché le desse poco peso, ma perché la passione che coltivava aveva il potere di sovrastare qualsiasi cosa, a volte anche lei stessa; tant'è che il suo sogno voleva raggiungerlo proprio nella sua nazione.
Nel pensiero di Samia niente poteva fermarla, dalla discriminazione al burqa, dalle persecuzioni agli spari; tutto nella sua giovane mente non poteva averla vinta sul suo obiettivo di diventare il simbolo delle donne somale. Ma la guerra è fin troppo forte, capace di portarle via i rapporti migliori e persino il suo 'aabe', l'uomo che le aveva insegnato tutto e che era la più forte motivazione di ogni suo passo, la sua base, il suo sostegno. Così anche la più grande guerriera, come la definiva aabe, che lottava e correva per la libertà, fu costretta ad arrendersi ed ad affrontare ciò che fin da subito voleva evitare ed al quale non si sentiva di appartenere: il viaggio. Un'esperienza logorante, che porta in tutti i suoi tratti la fatica di riconoscere sé stessi. Un punto nel quale sorge la paura che in fondo tutto sia solo un sogno, che niente di ciò per cui si è combattuto sia effettivamente realizzabile. L'obiettivo era di arrivare al mare, il mare che Samia ammirava da lontano sin da bambina; quel mare che per lei era fonte di desiderio, ma anche di tanta insicurezza.
La guerra costituisce lo scenario predominante della storia; tutto inevitabilmente deve dipendere da quello che viene imposto dal sistema del Paese. Una realtà complicata da accettare, una realtà che è più difficile fermare che iniziare. Il libro riesce così a darci un'immagine drammatica di una parte del mondo in cui viviamo, in un periodo nel quale la guerra è un'aspra realtà quotidiana in diversi continenti. La domanda che viene spontaneo porsi è: perché? Perché tutti gli interessi vanno a confluire in una guerra? La risposta purtroppo non esiste. Il combattersi a vicenda sembra quasi il processo naturale dell'uomo, dettato dall'ignoranza, dal non conoscere; un processo per arrivare ad un equilibrio che forse è impossibile da raggiungere. Così Samia e aabe considerano la guerra come qualcosa per la quale è meglio far finta di non aver paura, per fare in modo che non diventi parte di noi stessi e ostacolo dei nostri desideri. Samia, come ognuno di noi, rincorre i propri sogni, obiettivi necessari per migliorarsi giorno dopo giorno. Un sogno alla ricerca della propria felicità e della serenità di un intero paese che lei rappresenta. Un sogno per cui combattere in ogni momento, con ogni fatica, con ogni briciolo di speranza che rimane, con la consapevolezza che non sempre può essere realizzabile.
Così Giuseppe Catozzella riesce a farci riflettere su diversi temi, su contenuti che appartengono non solo a Samia, ma anche ad ognuno di noi. Tutto racchiuso in una storia vera di una ragazza somala che combatte per il suo futuro, che lo stile delicato, dolce e sensibile dell'autore riesce a rappresentare appieno. Una storia capace di emozionare, di farci mettere una mano sul cuore ed allo stesso tempo di lasciarci tante domande nella mente. Una ragazza il quale sorriso ed desiderio sovrastano ogni cosa pur di arrivare fino in fondo, portando con sé le proprie emozioni; speranze racchiuse tutte in poche parole, ribadite da Mannaar, la nipotina di Samia, con la leggerezza che solo una bambina può avere: 'Non dirmi che hai paura' ".
Andrea Ricci
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